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 Terrore giallo - W.L. Auden.

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Giovanni
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MessaggioTitolo: Terrore giallo - W.L. Auden.   Terrore giallo - W.L. Auden. Icon_minitime20/11/2008, 17:32

«Parlando di gatti», affermò il capitano Foster, «non ho difficoltà ad ammettere che non mi piacciono. Non tollero di essere guardato dall’alto in basso da chicchessia, che si tratti di un uomo o di un gatto. So perfettamente di non essere il presidente degli Stati Uniti, né un milionario, né tanto meno il boss di New York, però mi considero un uomo dabbene, e in quanto tale, meritevole di ricevere un trattamento adeguato. Ebbene, non ho mai conosciuto un gatto che non mi guardasse dall’alto in basso, come d’altronde questi animali sono soliti fare con chiunque. I gatti considerano noi umani alla stregua della sporcizia che imbratta le loro nobili zampine. Non riesco a comprendere il motivo che li induca a considerarsi tanto superiori a tutti gli esseri umani vissuti su questo pianeta, ma è innegabile che questo atteggiamento sia radicato in loro a tal punto da spingerli ad agire di conseguenza.
«Un giorno venne da noi un professore che tenne una lezione sugli animali e gli chiesi se fosse in grado di spiegarmi la riprovevole condotta dei gatti. Mi rispose che tutto ebbe origine migliaia di anni fa, in Egitto, dove i gatti venivano considerati dèi, ma la sua tesi non mi convinse. L’Egitto è un paese di cui si parla ampiamente nelle Sacre Scritture, perciò per qualsiasi riferimento ai suoi usi e costumi, dobbiamo far riferimento a esse. Mi si indichi un solo brano della Bibbia in cui venga citato il culto dei gatti, ed io sarò disposto a crederci: ma fino a quel momento mi sentirò autorizzato a rifiutare qualunque profana affermazione fatta a tale proposito da un professore o da chiunque altro.
«Il gatto più strano che mi sia mai capitato di incontrare fu Terrore Giallo, di proprietà del capitano Smedley. Il suo vero nome era Tom ma, dato che era giallo e, soprattutto, una vera furia, divenne abitudine, tra quanti lo conoscevano, chiamarlo “Terrore Giallo”.
«Era un animale di dimensioni notevoli e, quando lo vidi per la prima volta, viveva con il capitano Smedley da ormai cinque anni.
«Smedley è una delle persone migliori che abbia conosciuto. Ammetto che fosse alquanto duro con i suoi marinai, tanto che la sua nave godeva della reputazione, in realtà immeritata, di “mattatoio”. Va inoltre aggiunto che era un uomo molto religioso, fatto questo che lo rendeva impopolare fra l’equipaggio. Io stesso sono credente, anche quando viaggio per mare, ma non mi sono mai sognato di svolgere funzioni religiose e di costringere gli uomini a seguirle, legandoli alle cavigliere. Tale era invece la condotta di Smedley. Quando lo conobbi comandava il brigantino a palo Medford, al largo di Boston. Mi riferisco naturalmente alla città di Boston, nel Massachusetts, non alla cittadina che gli inglesi chiamano così, e devo proprio dire che non comprendo perché questo popolo copi i nomi delle nostre località più rinomate. Ma andiamo avanti. Dicevo che la Medford faceva rotta tra Boston e Londra, dove scaricava il grano, per poi ripartire, con altre merci, alla volta della Cina. Durante il viaggio verso Oriente eravamo soliti fare scalo a Madera, a Città del Capo, spesso a Bangkok, poi avanti fino a Canton dove le stive venivano riempite di tè; quindi si faceva rotta verso casa.
«Quando feci la sua conoscenza, Terrore Giallo praticava tali rotte da ormai cinque anni. Smedley lo imbarcava, lo registrava tra le merci caricate e, tenendo una penna tra le sue zampe, gli faceva firmare i documenti con una croce, come se si fosse trattato di un indigeno. Dovete sapere che, a quei tempi, le compagnie di assicurazione non permettevano che una nave prendesse il largo senza un gatto a bordo, per evitare che i topi rovinassero il carico. Non sono bene informato riguardo ai servigi che un gatto è in grado di rendere sulla terraferma, ma non ne conosco uno che, a bordo di una nave, degni un topo di una sola occhiata. A partire dal cambusiere, per non parlare del cuoco e degli uomini dell’equipaggio, sono tutti sempre pronti ad elargirgli un bocconcino, di conseguenza l’animale è sempre sazio, e nulla al mondo potrebbe indurlo a prestare attenzione a un topo, a meno che questo non sia in procinto di mordergli la coda. Naturalmente gli agenti di assicurazione non sanno assolutamente nulla della vita di mare e ritengo sia una vergogna che un marinaio si trovi costretto a dover dar retta alle loro idee. Anche Terrore Giallo aveva la sua idea fissa: era infatti convinto che la Medford fosse il suo yacht personale e che tutte le mani a bordo fossero a sua completa disposizione. Smedley, con il suo atteggiamento, contribuiva a confermarlo nella sua convinzione, in quanto lo trattava con maggior rispetto di quello che riservava agli armatori. Non biasimo certamente il gatto, soprattutto dopo che lo conobbi meglio, ma non posso neppure affermare di biasimare il capitano Smedley.
«Tom che, come credo di avervi già detto, era il vero nome del gatto, era senza dubbio il miglior guerriero d’Europa, d’Asia, d’Africa e d’America. Non appena si avvistava terra all’orizzonte, Tom iniziava i preparativi e si leccava il pelo per ore; poi, passava in rassegna gli artigli, che curava e affilava finché non diventavano un’arma micidiale. Non appena la nave entrava in porto o gettava l’ancora nella baia, Terrore Giallo scendeva a terra in cerca di guai. E li trovava sempre, benché la sua fama di attaccabrighe fosse consolidata al punto che, non appena faceva la sua comparsa, ogni altro gatto correva al riparo. A tale proposito il guardiano dei docks londinesi, mi riferisco all’uomo che prestava servizio all’entrata di Shadwell, mi confessò che capiva subito quando stavano per tonneggiare la Medford in quanto, immancabilmente, una torma di gatti terrorizzati abbandonava l’area, come se avesse avuto una muta di cani alle calcagna. Evidentemente, non appena l’imbarcazione appariva all’orizzonte, tra i gatti delle navi attraccate ai docks, si spargeva la voce dell’arrivo di Terrore Giallo: ritenendo fosse giunto il momento di scendere a terra, questi si allontanavano sinché la Medford non riprendeva il largo. In tali occasioni il quartiere di Whitechapel veniva regolarmente invaso dai gatti, e alle redazioni dei giornali pervenivano numerose lettere di scienziati che tentavano di trovare una risposta a quella che ormai veniva definita “la periodica invasione di gatti nella East London”.
«Ricordo che una volta eravamo ormeggiati a fianco di un brigantino russo, nel bacino dell’Old Gravel Lane. A poppa se ne stava accovacciato un tremendo gattone nero che, non appena vide il nostro Tom, iniziò a provocarlo facendogli chiaramente capire di voler ripulire la Medford. Dal suo comportamento comprendemmo immediatamente che il gatto russo era un nuovo arrivato, che non aveva mai sentito parlare di Terrore Giallo e del quale ora, per usare un linguaggio forbito, si sarebbe compiuto il destino. Quando iniziarono le provocazioni, Tom era accovacciato sulla ringhiera dell’albero di mezzana, vicino alle sartie, e sembrò non badarvi. Pochi istanti dopo lo vedemmo salire lentamente fino all’estremità del pennone, da lì balzò su quello di maestra dell’imbarcazione russa e, prima che l’avversario avesse il tempo di rendersene conto, gli fu addosso. La lotta durò un solo round, al termine del quale ciò che rimaneva del gatto russo scappò a nascondersi dietro al barile dell’acqua. Terrore Giallo tornò, seguendo la stessa strada, e riprese a lisciarsi il pelo, come se nulla fosse accaduto.
«Quando, arrivati in un porto, Tom scendeva a terra, vi restava in genere fino a quando non era ora di levare le ancore. Poche ore prima di tirare a bordo le gomene, Tom risaliva a bordo. Sapeva sempre quando la nave stava per prendere il largo e non arrivò mai in ritardo all’appuntamento. Ricordo che una volta stavamo per levare l’ancora da Città del Capo ed eravamo tutti pronti a scommettere che saremmo partiti senza Tom, attardatosi a terra. Ma ecco che la nostra imbarcazione fu affiancata da una barca, sulla cui poppa stava disteso Tom in tutta la sua lunghezza, simile in tutto e per tutto ad un marinaio ubriaco, fiero di essere in ritardo. Il barcaiolo ci disse che il gatto era giunto al pontile e balzato sulla sua barca, quasi avesse saputo che l’avrebbe traghettato fino alla nostra nave e che il capitano Smedley sarebbe stato ben lieto di ricompensarlo per il disturbo.
«Personalmente sono convinto che se Tom non avesse trovato il barcaiolo, avrebbe noleggiato la scialuppa governativa. Aveva la faccia tosta necessaria per fare questo ed altro.
«La lotta era davvero l’unico suo vizio, sempreché di vizio si possa parlare, poiché non di rado lo si era visto leccare l’avversario dopo averlo attaccato, ed erano davvero poche le volte in cui le zuffe terminavano con orecchie a brandelli e occhi neri. Smedley era solito affermare che Tom era religioso. Naturalmente, non davo credito alle sue parole, ma dopo aver fatto con lui un paio di viaggi, iniziai a non considerare più tanto balzane le sue idee. Ogni domenica, tempo permettendo, Smedley celebrava un servizio religioso sul casseretto. Era metodista e, quando si trattava di predicare o di cantare inni, non aveva nulla da invidiare ai veri ministri di culto. Tutte le mani, eccetto quelle del timoniere e della vedetta, erano invitate a pregare alla funzione della domenica mattina, e ciò causava naturalmente non pochi malumori tra gli uomini dell’equipaggio, che protestavano perché non potevano dormire qualche ora in più, invece di venir trascinati sul cassero. Ma non c’era nulla da fare, e ciò che consideravano ancora più grave era il fatto che fossero costretti a cantare, in quanto il capitano li guardava a uno a uno durante gli inni, e se scopriva che qualcuno fingeva di farlo o non si applicava pienamente, al termine del servizio lo richiamava, per dirgli due parole con l’estremità di una cima.
«Ebbene, Tom non mancava mai di assistere alla celebrazione, e anzi faceva quanto era in suo potere per agevolarne lo svolgimento. Era solito accovacciarsi accanto all’anziano capitano e prestava estrema attenzione, si comportava insomma


Ultima modifica di Giovanni il 20/11/2008, 17:34 - modificato 1 volta.
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MessaggioTitolo: Re: Terrore giallo - W.L. Auden.   Terrore giallo - W.L. Auden. Icon_minitime20/11/2008, 17:33

meglio di molti fedeli che frequentano le migliori chiese. Quando gli uomini iniziavano a cantare, Tom lanciava di tanto in tanto un miagolio, dimostrando le sue buone intenzioni, anche se non era mai stato a lezione di canto e il suo metodo non coincideva esattamente con i precetti di Gunter. Di primo acchito pensai che fosse un puro caso che il gatto presenziasse al servizio religioso ed interpretai i suoi miagolii come un segno di disapprovazione. Dopo qualche tempo dovetti però ammettere che a Tom il servizio domenicale piaceva almeno quanto al capitano e mi trovai d’accordo con Smedley nell’affermare che il gatto era senza dubbio un buon metodista.
«Navigavo con Smedley da circa sei anni quando egli, del tutto inaspettatamente, si sposò. Certo non lo biasimai: in primo luogo perché non erano fatti miei, in secondo luogo perché ritengo che il capitano di una nave abbia bisogno di una moglie e gli agenti delle compagnie assicurative dimostrerebbero decisamente più saggezza se invitassero cordialmente tutti i capitani a sposarsi, invece di imporre la presenza di un gatto a bordo. Mi spiego: se il capitano di una nave ha una moglie che lo aspetta a casa, è naturalmente ansioso di tornare da lei, affinché gli rammendi i vestiti e gli prepari le pietanze preferite. Di conseguenza, vorrà fare delle buone traversate, senza correre il rischio di naufragare, di mettersi nei guai con gli armatori e di perdere il posto. Fateci caso, e noterete che i capitani maritati vivono più a lungo e meglio di quelli scapoli, come d’altronde suggerisce il buon senso.
«Accadde però che la donna che divenne la moglie di Smedley era un’agnostica, dottrina secondo la quale al mondo non vale la pena di credere in nulla che esuli dalle tavole pitagoriche. La donna non perse tempo e ben presto riuscì a persuadere Smedley delle proprie convinzioni ed egli, da uomo devoto e religioso qual era, rinunciò alla fede e iniziò a parlarmi per ore e ore nell’intento di dimostrarmi che la religione altro non era che un’enorme perdita di tempo, che l’anima non esiste e che l’uomo non è stato creato da un essere supremo, ma discende semplicemente dalla scimmia, aggiungendo che, nel suo caso, si trattava probabilmente di una stirpe di scimmie navigatrici.
Naturalmente, stavo male nel vedere un rispettabile marinaio credere a tutte quelle fandonie ma, essendo egli il mio ufficiale superiore, dovevo essere cauto nell’esprimere le mie perplessità. Durante le discussioni non cedetti di un millimetro dalle mie posizioni e tentai di dirgli, con tutto il rispetto di cui ero capace, che a mio parere stava commettendo il più grande errore della sua vita.
«“Si limiti ad osservare il gatto”, ero solito ripetergli, “ha abbastanza buon senso da essere religioso, e se solo provasse a suggerirgli che probabilmente discende da una scimmia, avrebbe tutto il diritto di considerarsi offeso”. Ma le mie parole cadevano nel vuoto. Smedley era ormai completamente intriso delle nuove teorie agnostiche e le mie manifestazioni di dissenso non facevano che rafforzare i suoi convincimenti.
«Il comandante rinunciò, di conseguenza, al servizio religioso della domenica mattina, e mi sarei aspettato che gli uomini accogliessero la novità con sollievo, considerato il modo con cui un tempo brontolavano all’idea di alzarsi presto per cantare gli inni. Ma il comportamento dei marinai non sempre brilla per coerenza: la prima domenica in cui non furono chiamati per la celebrazione espressero la loro sincera delusione. Dissero che il cambiamento di abitudini avrebbe portato sfortuna e che l’anziano capitano, ora che si era sposato con una donna ricca, evidentemente non li considerava più degni di salire in coperta e partecipare ai canti religiosi. Smedley non dimostrò molto interesse per le loro opinioni, ma restò colpito dall’atteggiamento di Terrore Giallo. Era chiaro che Tom sentiva la mancanza del servizio religioso domenicale e la manifestò con tutta la chiarezza di cui era capace. Per tre o quattro settimane di seguito, la domenica mattina, all’ora convenuta, salì in coperta, prese posto là dove il capitano era solito celebrare, e attese che la funzione iniziasse. Quando finalmente si rese conto dell’inutilità dell’attesa, protestò duramente contro la condotta di Smedley. Smise di essere affettuoso nei suoi confronti e una volta, quando questi tentò di accarezzarlo amichevolmente, gli si rivoltò contro e lo morse a una gamba, ma senza rabbia, solo quel tanto che bastava a palesargli il proprio risentimento per la sua irreligiosità.
«Quando approdammo a Londra, Tom non scese a terra e non ingaggiò neppure una zuffa. Sembrava aver perduto interesse per tutte le faccende terrene. Restava accucciato a poppa con aria melanconica, senza preoccuparsi dello stato in cui si era ridotto il suo manto, ormai trascurato, e se un gatto lo provocava si limitava a rispondere miagolando. Ben presto ripartimmo, e Tom prese l’abitudine di trascorrere gran parte del tempo sotto coperta; quando fummo all’incirca all’altezza dell’equatore, si rintanò definitivamente nella sua cuccia, magro e debole come mai lo avevo visto prima. Era tanto apatico che sembrava impossibile trovare il modo di scuoterlo. La preoccupazione di Smedley aumentò al punto da indurlo a sfogliare i libri di medicina, alla ricerca di un rimedio contro il misterioso male di Tom. Alla fine, il capitano si convinse che il gatto era vittima di una strana malattia, molto seria e dal nome impronunciabile, qualcosa simile a “mangite” spinale. La scoperta lo confortò un po’, ma non produsse alcun beneficio per il gatto, in quanto non c’era nulla che Smedley potesse fare per indurlo ad assumere la medicina necessaria. Tom si rifiutava ostinatamente di aspirare i sali e, quando Smedley tentò di applicargli un cataplasma alla nuca, la bestiola si considerò offesa e dimostrò di avere ancora forze sufficienti da riuscire a staccare un brandello di orecchio all’anziano amico.
«In quei giorni attraccammo a Funchal e Smedley mandò uno degli uomini a cercare un altro gatto da portare a bordo: forse sperava che una bella zuffa avrebbe rianimato Tom. Ma quando il nuovo venuto gli fu posto accanto e prese a soffiargli nel più impudente dei modi, in tutta risposta lui si voltò dall’altra parte, fingendo di dormire. Dopo una dimostrazione simile, fummo tutti convinti che ormai per Terrore Giallo non ci fosse più speranza di salvezza. Smedley fece riportare a terra l’altro gatto; poi mi confidò rassegnato che forse per Tom era giunto il momento di lasciare questo mondo e che la sua morte avrebbe gettato sventura sul nostro viaggio.
«Scesi sotto coperta per dargli un’occhiata, e benché fosse magro e debole, non riscontrai in lui alcun segno di malattia. Lo dissi a Smedley, manifestandogli l’opinione che il gatto non fosse affatto malato.
«“Allora, che cosa gli sta succedendo?” mi chiese l’anziano capitano. “Ha visto con i suoi occhi che si è rifiutato di azzuffarsi con l’altro gatto e che è ormai sul punto di abbandonare questa vita, con le sue gioie e i suoi dolori”.
«“Ha il naso umido”, ribattei. “Poco fa, quando l’ho toccato, mi è parso freddo come quello di un astemio”.
«“Questo ci induce a credere che non abbia la febbre e, secondo quanto ho letto nei libri medici, la ‘mangite’ spinale provoca un brusco aumento della temperatura corporea”, osservò Smedley.
«“Il problema di Tom”, spiegai, “è tutto nella sua testa, questo è il punto. C’è qualcosa nella sua mente che lo sta letteralmente consumando”.
«“Non riesco a capire di cosa si tratti. Qui a bordo trova tutto ciò di cui può aver bisogno. Neppure un milionario è trattato meglio. Quando eravamo a Boston è uscito vincitore da tutte le zuffe, e da allora non si è più battuto, quindi la sua depressione non dipende certamente da una sconfitta. Nossignore, nella mente di Tom non c’è nulla che lo possa turbare”.
«“Ma allora a cosa è dovuto quello sguardo depresso? Stamani, quando gli ha parlato, la guardava con l’aria di piangere sulle sue disgrazie, sempre che ne abbia. Rifletta: Tom è caduto in depressione nel momento stesso in cui lei si è sposato. Forse, abbiamo trovato il bandolo della matassa”.
«Ma le mie osservazioni non servirono a convincere Smedley che il malessere di Tom fosse di origine psicologica, anzi, egli si persuase a tal punto che il gatto era sul punto di morire, che divenne cupo e depresso almeno quanto lui.
«“Inizio a rimpiangere”, mi disse il capitano una mattina, “di aver abbandonato il metodismo, che mi permetteva di credere nell’esistenza dell’aldilà. È crudele pensare che un guerriero di prim’ordine come Tom non possa avere una seconda opportunità dopo la morte. Se mai è esistito un gatto religioso, questo è Tom, e mi piacerebbe credere che di là possa trovare una vita migliore”.
«In quel momento mi venne un’idea. “Capitano Smedley”, chiesi, “ricorda quanto Tom amasse i servizi religiosi che era solito celebrare sul ponte, la domenica mattina?”
«“É vero: non ho mai conosciuto una persona che vi partecipasse con maggiore entusiasmo”.
«“Capitano Smedley”, proseguii, posandogli una mano sul braccio, “secondo me tutta la malattia di Tom è stata provocata dal dolore che gli ha inferto nel rinnegare la fede nella quale è stato educato per diventare ‘agoniostico’ o come diavolo vi definite. Per quanto mi riguarda, io lo chiamo semplicemente diventare infedeli. Tom è in lutto per la sua anima ed è afflitto per la mancanza della messa domenicale. Le avevo detto che tutto il problema di Tom è di origine mentale, e ora forse ne è convinto anche lei”.
«“Forse ha ragione”, replicò Smedley con aria tranquilla, sottraendosi allo scoppio d’ira che temevo di suscitare. “Anzi, ad essere sincero non sono affatto tranquillo, ho perso la serenità di un tempo. Ci pensavo proprio ieri notte, nel momento di coricarmi, quando per abitudine mi sono uscite di bocca le preghiere della sera: se fossi rimasto saldo nella fede metodista, probabilmente ora sarei più sereno”.
«“Domani è domenica”, azzardai, “e se fossi in lei non ci penserei due volte a suonare la campana per chiamare gli uomini a messa, come faceva un tempo. Inoltre, farei portare anche Tom sul ponte e gli offrirei il conforto del miglior inno del repertorio. Non potrà certo fargli male, e forse gli recherà grande giovamento. Vale la pena di provare, se vuole veramente che Terrore Giallo guarisca e torni quello di un tempo”.
«“Non ho alcuna remora ad ammettere che farei qualunque cosa per salvarlo”, riconobbe il capitano. “Da quasi sette anni ormai viviamo fianco a fianco e mai un disaccordo, mai un dissidio. Se il servizio religioso della domenica mattina può portargli beneficio, non vedo ragione di negarglielo. Ad ogni buon conto, se non dovessi sortire alcun effetto terapeutico, forse gli spianerò almeno il cammino verso la tomba”.
«Il mattino successivo alle sei, il capitano suonò la campana della messa e gli uomini furono chiamati sul ponte. Prima che l’eco del richiamo si smorzasse, Tom era già sulla scala, intento a risalirla un gradino alla volta, emaciato e debole, con l’aspetto di chi va al proprio funerale. Raggiunse quella che era stata la sua postazione abituale sul cassero e si distese su un fianco ai piedi del vecchio, alzando verso di lui uno sguardo che nessuno avrebbe esitato a descrivere come colmo di riconoscenza. Mi accorsi che Smedley aveva un aspetto molto serio. Compresi che anche lui aveva colto lo sguardo del gatto e, quando intonò il primo inno, la sua voce sembrò rotta dall’emozione. Era davvero un gran bell’inno, accompagnato da un coro nel quale gli uomini misero tutto l’entusiasmo di cui erano capaci, quasi volessero dedicarlo a Tom. Il gatto era troppo debole per unirsi alle voci con il suo miagolio, come faceva un tempo, ma dimostrò il proprio apprezzamento battendo ritmicamente la coda sul pavimento e si vedeva lontano un miglio che era contento.
«Il servizio religioso proseguì secondo le regole, anzi, con il trascorrere dei minuti sembrava che Smedley andasse riconquistando il fervore di un tempo, tanto che sul suo viso mi parve di riconoscere l’entusiasmo del vecchio metodista.
«Al termine della funzione, gli uomini tornarono in coperta. Smedley si accucciò al suolo a raccogliere Tom, lo baciò, e il gatto gli si accoccolò vicino al collo e gli leccò il mento. Il capitano portò Tom sotto coperta e gridò al cambusiere di portargli un po’ di carne fresca. Il gatto si avventò sul cibo e mangiò con l’appetito dei giorni migliori, quindi, ripulito il piatto, entrò nella cabina di Smedley, si rannicchiò nella sua cuccetta e si addormentò facendo le fusa. A partire da quel giorno, la salute di Tom andò migliorando costantemente e, quando attraccammo a Città del Capo, il gatto era abbastanza in forze da scendere a terra.
«Sbarcai insieme a lui e mi ripromisi di tenerlo d’occhio. Si batté con un gatto dall’aspetto davvero malandato, che a stento raggiungeva le dimensioni di un ratto adulto, e lo liquidò in meno di un minuto. Terrore Giallo era in fase di ripresa, e io apprezzai il suo buon senso nella scelta di un avversario che, per dimensioni, si confacesse alla sua ancor debole salute. Quando arrivammo a Canton, Tom aveva ritrovato la forma fisica di un tempo e al momento di levare l’ancora salì a bordo con cinque centimetri di coda in meno e con l’orecchio destro a brandelli, ma con l’aria fiera di chi ha dato una lezione al mondo intero, fatto del quale non dubito, sempreché a Canton possa aver incontrato effettivamente tanti gatti.
«Non sentii mai più Smedley alludere a tutte quelle sciocchezze sull’“agoniosticismo”. Tornò ad essere un metodista convinto e prese a sostenere che Tom fosse stato lo strumento divino che gli aveva indicato l’errore in cui era caduto. In seguito mi dissero che, tornato a Boston, Smedley informò la consorte che si aspettava che la domenica successiva lo accompagnasse alla funzione religiosa, in caso contrario avrebbe infranto il patto matrimoniale, il che equivaleva ad un ammutinamento. Non mi giunsero notizie sulla reazione della signora Smedley, né sul seguito della loro vita matrimoniale poiché, proprio in quel periodo, lasciai la Medford ed assunsi il comando di un brigantino a palo che commerciava tra Boston e le Indie Occidentali. Terminato quel viaggio, non ebbi più notizie di Terrore Giallo, ma penso ancora spesso a lui e resto convinto che, in terra e per mare, fosse il gatto più intelligente che l’uomo abbia mai incontrato».
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